martedì 11 dicembre 2007

Beatrice Messi

Sta seduta in auto, in mezzo al parcheggio. Continua a piovere, il grigio si mescola all’umidità, e non c’è verso  far riprendere quota a questa giornata.

Pensa che dovrebbe già essere in ufficio, invece sta qui, con le mani sul volante e il motore spento, sballottata tra le parole che ancora le ronzano in testa e il rigetto di tornare al lavoro.

Forse il Dr T ha ragione, forse ha sbagliato tutto, ha deciso lei per tutti, ma che ne sa lei del mondo, delle altre persone. Che ne sa lei, lei che crede che gli uomini siano tutti uguali, lei che fede non ne ha più. Ma in fondo, ne ha mai avuta?


Mette in moto e si avvia al lavoro, cercando una spinta, come una scorta di energia che l’aiuti a finire la giornata.

E ‘ da un po’ di tempo che si scopre a piangersi addosso, brutta bestia, lei le persone così non le ha mai potute sopportare, sempre lì a lagnarsi senza far niente, e ora succede a lei, non si capacita perché, cosa è successo?

Il fatto è che la solitudine ti cambia, non ti confronti con altri che te stesso, e sei preso da una specie di pigrizia, un’inerzia generalizzata.


Quando era giovane tutti venivano a parlare da lei, a raccontarle i loro tormenti, a volte ne era persino infastidita.

Lei trovava sempre una soluzione, li faceva riflettere, li riportava “a capo”, e tutti dopo le dicevano “grazie Beatrice” - “avevo proprio bisogno di parlare con te Beatrice” - “senza di te non so come farei ad affrontare i miei casini”.

Insomma, lei dava senno e grinta a tutti, ma per se stessa, beh, non è che fosse proprio una cima. Se ne stava alla larga ecco, alla larga dalle cazzate. Era una “seria”, e lo sapevano tutti, una severa, che non si perdeva nelle sciocchezze.

Per gli amici c’era sempre, ma raramente la coinvolgevano in qualcosa fuori dagli schemi. Forse in parte la temevano persino. Lei, quella seria.

Si ricorda ancora di quel collega, Carlo, di un anno maggiore di lei, che un fine settimana si era ritrovato in mezzo ad un gruppo di una ventina di persone. Dopo la discoteca erano emigrati al mare a casa di uno di loro e avevano fatto mattina, qualche bicchiere di troppo, qualche canna, e lui era proprio fuori di brutto. A questa serata Beatrice non c’era ma c’era sua cugina, e il suo collega, beh, lui aveva letteralmente implorato sua cugina di non raccontare niente a Beatrice. L’aveva fatta addirittura giurare.

Ovviamente sua cugina aveva giurato e raccontato subito tutto a Beatrice, che si era stranita di sapere, non tanto che Carlo si facesse le canne ma piuttosto che si fosse preoccupato che non lo sapesse lei. A quanto pare gli altri la vedevano come una bigottona, eppure lei sapeva di non essere così.


In ufficio non c’è nessuno, sono ancora tutti a pranzo. Accende il computer e il vortice delle emails la inghiotte. Potrebbe accadere qualsiasi cosa nel mondo ma lì davanti a quello schermo i momenti sono tutti uguali, non c’è più differenza tra i giorni, i mesi che passano, scanditi solo dal loro ritmo virtuale, non ci sono più i tempi tradizionali, l’ora di pranzo, di cena, di dormire, niente è più come dev’essere.  Prima non ci faceva caso, ora però le pesa. Nella sua vita ormai i tempi sono quelli del lavoro, e lei è stanca. Perché a 44 anni cominci ad accusare i pranzi cattivi fatti al computer, le cene sbocconcellate di notte, le ore di sonno mancate, i tempi lunghi seduta con la schiena in fiamme, ma anche e soprattutto perché 44 anni chiusi nel solo lavoro ti fanno capire che questa non è più la solitudine che ti sei scelta. Capisci che questo è qualcos’altro che non sai più cos’è ma non lo vuoi. Non lo vuoi.


La sua collega è rientrata, sta parlando al telefono. Il bambino è ammalato e lei è in difficoltà. Beatrice pensa a quanto deve essere bello avere qualcuno che dipende da te, che ti obbliga a svegliarti al mattino, a cucinare, a lavare, qualcuno a cui parlare, e mentre lo fai ti guarda assetato, beve le tue parole senza incertezze. Due braccine che ti si stringono addosso, le mani grassottelle che ti strizzano le guance.

Si, è proprio stanca.

Nessun commento:

Posta un commento